Privacy GDPR e foto dei figli sui Social

Battaglia tra i genitori

Pubblicare le foto dei propri figli sui Social Network potrebbe sembrare una pratica usuale, fatta dalla maggior parte dei genitori a volte inconsciamente e a volte volontariamente, ma che potrebbe portare molte insidie e problematiche.

Attenzione a pubblicare le foto dei figli minorenni sui social network: per farlo serve il consenso di entrambi i genitori.

Sono sempre più frequenti le decisioni di “STOP” pubblicate da giudici che si sono pronunciati in merito all’esposizione mediatica dei figli minori, soprattutto se la pubblicazione delle immagini online avviene con il beneplacito di un solo genitore. Non solo: a volte, le pronunce prevedono anche il pagamento di penali a favore dei minori.

Analizziamo insieme alcuni dei principali casi realmente accaduti:

Far partecipare una bambina di tre anni a una sfilata in costume da bagno a scopo promozionale di un negozio di biancheria intima presso un locale senza il consenso di entrambi i genitori ma solo della madre che sfilava con lei è un fatto illecito, anche perché le foto della bimba sono state poi pubblicate su Facebook senza oscurare il volto. Lo ha chiarito il Tribunale di Ravenna a cui si è rivolto il padre per ottenere il risarcimento del danno dal negozio di biancheria intima e dal locale, lamentando la violazione del regime giuridico dell’affido condiviso che prevede la compartecipazione dei genitori a tutte le scelte che quotidianamente riguardano i figli minori. Il Tribunale (sentenza 1038 del 15 ottobre 2019) ha però negato il risarcimento perché il padre era presente alla sfilata e non si è opposto alla sua realizzazione. Secondo i giudici il suo atteggiamento inerte ha determinato il danno lamentato che avrebbe potuto essere evitato impedendo alla figlia di partecipare alla sfilata

Inserire la foto di un minorenne, giocatore di calcio, in un album di figurine senza il consenso dei genitori viola la legge sul diritto d’autore (articolo 96 della legge 633/1941) anche se il ritratto fotografico è stato ripreso da una partita di calcio che si è svolta in pubblico. Quello che rileva è il diritto all’immagine, inteso come il diritto costituzionalmente garantito a non vedere esposta o pubblicata qualsiasi rappresentazione delle proprie sembianze senza il proprio consenso.
I genitori, che hanno chiamato in causa la società che ha pubblicato l’album e le figurine, hanno il diritto a veder rimuovere la fotografia del figlio ma non a ottenere il risarcimento del danno se non sono in grado di quantificarlo. Lo ha deciso la Corte d’appello di Ancona (sentenza 169 del 4 febbraio 2019).

Il padre non può, senza il consenso della madre, postare o inserire nei suoi profili social le foto dei figli minori e deve rimuovere quelle esistenti. Infatti senza l’autorizzazione dell’altro genitore la pubblicazione avviene illegittimamente, dato che il diritto alla privacy del minore e i pericoli della gestione spregiudicata delle foto da parte di terzi riguardano aspetti delicati per i quali occorre la concorde volontà dei genitori. Lo ha chiarito il Tribunale di Siracusa (sentenza 397 del 28 febbraio 2018).

La nuova compagna del padre non può pubblicare sui social network le foto dei figli di lui senza il consenso di entrambi i genitori. La tutela della vita privata e dell’immagine dei minori trova tutela nell’articolo 10 del Codice civile, nel Testo unico sulla privacy e negli articoli 1 e 16 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989.
Secondo il Tribunale di Rieti (ordinanza del 7 marzo 2019), queste norme giustificano il pagamento della somma di 50 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rimozione e per ogni episodio di violazione del divieto, in favore dei minori in solido tra loro, da versare su un conto corrente intestato ai minori.

I minori sono infatti soggetti deboli che necessitano di apposita tutela anche con riferimento all’educazione informatica. Ai genitori viene chiesto di fare la loro parte, rafforzando la propria attenzione e il controllo sui figli minorenni.I giudici sono chiari: il dovere di vigilanza dei genitori deve sostanziarsi in una limitazione sia quantitativa che qualitativa dell’accesso alle varie piattaforme informatiche per evitare che quel potente mezzo fortemente relazionale e divulgativo possa essere utilizzato in modo non adeguato.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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