L’inganno sentimentale della ‘truffa romantica’
Trappole tese in rete con false identità
Si fa sempre più ricorrente la possibilità su internet di imbattersi in una delle sofisticate fattispecie di “truffe romantiche”.
Trappole tese in rete da persone singole o gruppi criminali organizzati con l’obiettivo di sedurre naviganti “deboli” del web tramite i social-network, creando profili “attraenti” e generando false identità. Nella prassi gli adescatori scambiano con le vittime designate lunghi messaggi adulatori, dai tratti prima confidenziali e amicali; poi affettivi o persino sessualmente allusivi.
Ciò si perpetua con costanza quotidiana e cadenzata, lungo settimane o mesi, allo scopo, preciso, di creare un passo alla volta un vero e proprio rapporto di (apparente) fiducia e di consequenziale “affidamento” della vittima.
Pur tuttavia l’obiettivo finale è puntuale: truffare le persone irretite facendo loro versare somme di denaro su conti correnti o strumenti analoghi di ricezione delle somme, con la “scusante” di trovarsi in insormontabili difficoltà finanziarie o di salute, più spesso personali ma non di rado anche familiari. Ebbene con la recente sentenza n.3562/2021 il Tribunale di Catania esaminando una di queste singolari fattispecie, ha ritenuto di decidere che qualora sia stato accertato il nesso di causalità tra l’artificio o il raggiro e l’altrui induzione in errore, non è affatto necessario verificare anche l’idoneità in astratto dei mezzi usati, qualora – a ben vedere – nel caso concreto gli strumenti del raggiro si siano rivelati chiaramente idonei ad attrarre nella “ragnatela romantica” l’obiettivo del tranello.
Lo sfruttamento della “vulnerabilità” della vittima sentimentale
La vittima della “truffa sentimentale” viene sovente scelta tra soggetti un po’ disadattati, a volte con problemi fisici o con difficoltà relazionali nella vita reale, la quale pensando di aver trovato l’amore e sentendosi a sua volta amata e appagata dalla relazione, virtuale, comincia a “sostenere” economicamente il truffatore sentimentale. In tali circostanze – si badi – non si intende solo affermare la rilevanza penale di condotte ingannatorie riguardanti i sentimenti provati dalla vittima, inducenti di per sé a compiere atti dispostivi pregiudizievoli, quanto piuttosto la illiceità di comportamenti che profittando della condizione di “vulnerabilità” della vittima coinvolta nella relazione sentimentale, hanno dato luogo a falsi motivi, determinanti delle volontà e attività dispositive patrimoniali del truffato.
Il “camuffamento” della realtà e l’azione sulla psiche dell’obiettivo “sensibile”
Va evidenziato che gli artifici (intesi quale manipolazione esterna della realtà provocata mediante la simulazione di circostanze inesistenti o, per contro, mediante la dissimulazione di circostanze esistenti), ovvero i raggiri (consistenti in attività simulatrice sostenuta da parole o argomentazioni atti a far scambiare il falso con il vero), sono entrambi strumenti per creare l’inesatto e fatale convincimento nel frodato. Segnatamente i primi passano attraverso il “camuffamento” della realtà esterna; i secondi operano direttamente sulla psiche del soggetto. E l’idoneità dell’artificio o del raggiro deve essere valutata in concreto, ossia con riferimento diretto alla particolare situazione in cui è avvenuto il fatto e alle modalità esecutive dello stesso. Invero l’idoneità degli artifici e dei raggiri risulta dalla verifica della sussistenza del nesso causale tra azione ed evento, mentre non ha rilievo la eventuale mancanza di “diligenza”, di controllo, di verifica, in altre parole di “avvedutezza” da parte della persona offesa. È sufficiente, per l’accertamento dell’esistenza del reato, constatare che l’errore in cui è “cascata” la vittima sia stata conseguenza di detti artifici o raggiri.
Se c’è induzione nell’ “abbaglio affettivo” nessun rilievo ha la possibile “credulità” della vittima
Inoltre nel reato di truffa in questione l’idoneità del raggiro o dell’artificio, dimostrata dall’effetto raggiunto non può escludersi anche se sia provato che il soggetto indotto in errore abbia persino a un certo punto “sospettato” il raggiro o l’artificio in questione.
La legge infatti non esige, ai fini della configurabilità del delitto di truffa, che gli artifici o raggiri posti in essere dall’agente siano in astratto e generalmente idonei a “sorprendere” l’altrui buona fede, ma si richiede che lo siano in concreto cioè in rapporto alla particolarità dei fatti ed alle modalità della loro esecuzione. In quest’ottica non può sostenersi che non potrebbe ritenersi sussistente il delitto di truffa in tutte quelle situazioni in cui la presunta condotta truffaldina risulti accompagnata da una congerie di elementi in grado di instillare “il dubbio” nella vittima, tale da indurla più “prudentemente” ad attivarsi per la puntuale verifica delle situazioni prospettate. Devesi unicamente accertarsi, ai fini della configurabilità del reato, la effettiva induzione in errore della vittima a seguito degli artifici o raggiri; a nulla rilevando la sua eventuale “credulità” o ingenuità.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 10 febbraio 2021
Fonte: FederPrivacy