L’intelligenza artificiale (Ia) è spesso accostata al tema del lavoro.
Il più delle volte per rappresentare un futuro catastrofico nel quale le macchine sostituiranno l’uomo. Le ricerche più autorevoli, al contrario, dimostrano come l’Ia stia certo trasformando il mondo del lavoro, ma più che di sostituzioni, si tratta di supporto ai lavori, più o meno complessi, assicurando in molti casi maggiore precisione (pensiamo alla sanità e al caso della diagnostica) e in altri sicurezza (da quella informatica a quella industriale).
Più che in altri contesti sociali, nei luoghi di lavoro l’impiego dell’Ia deve però osservare regole di particolare attenzione. Le potenzialità di questa tecnologia, infatti, potrebbero essere impiegate dai datori di lavoro a scapito di chi è in una posizione di dipendenza.
La capacità dell’Ia di monitorare qualsiasi tipo di informazione o attività dei dipendenti, potrebbe portare a un’inaccettabile posizione di sottomissione, tale da invadere persino la sfera privata (anche involontariamente), realizzando illegittime discriminazioni. Lo sa bene l’Ai Act che dedica una particolare e ampia disciplina sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei rapporti di lavoro. Il regolamento europeo, infatti, non regola la tecnologia, ma gli utilizzi definendo ambiti nei quali è vietato l’impiego dell’Ia, altri nei quali è considerato più o meno elevato il rischio che il suo utilizzo comporti una violazione dei diritti costituzionali della persona.
Il regolamento Ue
È proprio in quest’ottica che il regolamento disciplina l’Ia nei rapporti di lavoro. In alcuni casi, infatti, non può essere utilizzata. In altri sì, ma solo se si presta particolare attenzione, prevedendo e limitando il rischio. Nella prima categoria rientra, ad esempio, il divieto di utilizzare sistemi che consentano di riconoscere e orientare le emozioni di una persona nell’ambito del luogo di lavoro (tranne che per motivi medici o di sicurezza).
A tale previsione espressamente pensata per i luoghi di lavoro, si aggiungono poi quelle valide in generale che vietano Ia in grado di realizzare tecniche subliminali che agiscono senza che una persona ne sia consapevole o tecniche volutamente manipolative o ingannevoli aventi lo scopo o l’effetto di distorcere materialmente il comportamento della persona. Altresì, sono vietati gli strumenti per la valutazione o la classificazione delle persone o di gruppi di persone. Un divieto valido in generale, ma che pare in particolare operare nel caso dei rapporti di lavoro. Il regolamento inoltre individua ambiti specifici nei quali l’Ia si può utilizzare, ma solo a determinate condizioni e garanzie. I sistemi che operano in materia di lavoro come la gestione dei lavoratori e l’accesso al lavoro sono considerati infatti ad alto rischio.
Le prassi più rischiose
Il regolamento richiama espressamente alcuni esempi dove più alto pare il rischio di violazione dei diritti: i sistemi utilizzati per l’assunzione o la selezione di persone, in particolare per pubblicare annunci di lavoro mirati, analizzare o filtrare le candidature e valutare i candidati; quelli che adottano decisioni riguardanti le condizioni dei rapporti di lavoro, la promozione o cessazione dei rapporti di lavoro; i sistemi che assegnano compiti sulla base del comportamento individuale o delle caratteristiche personali o per monitorare e valutare le prestazioni e il comportamento delle persone nell’ambito di rapporti di lavoro.
Alle aziende che utilizzano sistemi di intelligenza artificiale in questi ambiti (sia essa un istituto di credito o un’assicurazione o una farmaceutica o una industriale), il regolamento impone una serie di oneri di compliance finalizzati a prevenire e ridurre il rischio di eventuali violazioni di diritti. Prima di essere messi in funzione, tali sistemi (anche quelli attualmente in uso dalle aziende) dovranno essere testati e certificati anche attraverso l’interazione con le istituzioni appositamente preposte dall’Ai Act (autorità di notificazione). In ogni caso, dopo le verifiche e le certificazioni, i sistemi andranno comunque sempre monitorati dall’uomo. Inoltre, il regolamento obbliga tutti i datori di lavoro a informare adeguatamente i dipendenti di qualsiasi sistema di Ia che venga introdotto in azienda, descrivendone l’impiego.
Una trasparenza fondamentale e necessaria che caratterizza tutto il regolamento. Infine, il regolamento espressamente specifica come questa disciplina non incida e non modifichi la normativa settoriale sui rapporti di lavoro che pertanto andrà coordinata con l’Ai Act, come oggi già accade con altre discipline del digitale a partire dal regolamento sulla privacy, non senza difficoltà applicative che emergeranno dalla prassi.
Fonte: Il Sole 24 Ore – di Edoardo Raffiotta
Fonte dell’articolo: FederPrivacy