Il Garante Privacy sanziona un Comune per mancata informativa ai dipendenti e per aver utilizzato i dati in un procedimento disciplinare (Provvedimento n. 234/2024).
1. Il Controllo a distanza dei lavoratori: tra privacy e Statuto dei Lavoratori
Quando parliamo di videosorveglianza sul posto di lavoro, dobbiamo tener conto di due pilastri: i diritti dei lavoratori e la privacy.
In merito ai diritti dei lavoratori, l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori vieta l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori in quanto lesivo della dignità e della riservatezza.
Tuttavia, l’utilizzo delle videocamere di sorveglianza nei luoghi di lavoro è consentito solo “per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale”, purché avvenga sempre nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in materia di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo.
Inoltre, l’installazione di sistemi di controllo a distanza presuppone a monte un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o l’Ispettorato del lavoro, prevedendo altresì che i lavoratori ne siano a conoscenza.
La legge prevede che non possano essere inquadrate postazioni di lavoro fisse o aree dedicate all’attività lavorativa.
Le telecamere possono essere orientate anche su ingressi o zone di passaggio di pertinenza dell’azienda, tuttavia non è possibile sorvegliare, attraverso telecamere, i lavoratori in luoghi che, per loro natura, produrrebbero immagini lesive dell’intimità e della dignità della persona, come spogliatoi, docce o servizi igienici.
Per quanto riguarda gli aspetti legati alla privacy, ai sensi dell’art. 13 del GDPR, gli interessati devono sempre essere informati della presenza di una videocamera di sorveglianza, anche tramite semplice cartello.
I cartelli indicanti l’area videosorvegliata devono contenere le indicazioni sul titolare del trattamento e sulla finalità perseguita, e altresì devono essere collocati prima del raggio di azione della telecamera.
La violazione delle prescrizioni è disciplinata e penalmente sanzionata dal combinato disposto degli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori.
La disciplina in merito alla videosorveglianza nei luoghi privati, espressamente prevista nello Statuto dei Lavoratori, va integrata con la disciplina di cui al Regolamento Europeo 679/2016. Inoltre, in tema di videosorveglianza, sono state adottate dal Comitato europeo per la protezione dei dati le c.d. “Linee guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video”.
Nelle linee guida, il Garante ha spiegato che l’attività di sorveglianza in azienda si basa sul principio di accountability, art. 5, par. 2, del Regolamento, secondo cui spetta al titolare del trattamento “valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità dello stesso, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche.”
Inoltre, l’attività di videosorveglianza deve rispettare il cosiddetto “principio di minimizzazione dei dati” riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.
I principi di minimizzazione dei dati e limitazione della conservazione stabiliscono che i dati personali dovrebbero essere, nella maggior parte dei casi cancellati dopo pochi giorni, preferibilmente tramite meccanismi automatici.
Il principio di responsabilizzazione di cui all’art. 5, paragrafo 2, del Regolamento, stabilisce che spetta al titolare del trattamento individuare i tempi di conservazione delle immagini, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche.
2. Videosorveglianza e rilevazione delle presenze: il Garante Privacy sanziona un Comune
Con il provvedimento dell’11 aprile 2024, il Garante Privacy ha sanzionato un Comune per € 3.000,00 per non aver assicurato il rispetto delle procedure di garanzia previste dalla disciplina di settore in materia di controlli a distanza e peraltro abbia utilizzato le immagini di videosorveglianza per adottare un provvedimento disciplinare nei confronti della lavoratrice.
Il Granate, infatti, è intervenuto a seguito della segnalazione di una dipendente che lamentava l’installazione di una telecamera nell’atrio del Comune in prossimità dei dispositivi di rilevazione delle presenze dei lavoratori e senza alcun tipo di accorso sindacale.
Il Garante, sulla base degli elementi acquisiti e a seguito dell’attività istruttoria, ha notificato tre violazioni al comune:
- omesso rilascio agli interessati dell’informativa privacy;
- aver trattato dati personali mediante il predetto sistema di videosorveglianza in assenza delle condizioni previste dalla disciplina in materia di controlli a distanza;
- aver utilizzato i dati raccolti mediante il predetto sistema di videosorveglianza nell’ambito del procedimento disciplinare avviato nei confronti dell’interessata, in assenza dei presupposti richiesti dalla disciplina di settore in materia di controlli a distanza.
Il Comune, infatti, aveva utilizzato le immagini registrate per contestare alla dipendente alcune violazioni dei propri doveri d’ufficio, tra cui il mancato rispetto dell’orario di servizio.
Alla richiesta di spiegazioni da parte dell’Autorità, il Comune ha risposto che la telecamera era stata installata per motivi di sicurezza a seguito di alcune aggressioni ai danni di un assessore e di un’assistente sociale, adducendo come prova del perseguimento delle sole finalità di Pubblica Sicurezza e di accertamento dei reati che l’unico monitor per la visualizzazione delle immagini fosse posizionato nell’ufficio della Polizia Locale .
Nel corso dell’istruttoria il Garante ha rilevato che il Comune, pur avendo richiesto e ottenuto l’installazione dall’Ispettorato territoriale del lavoro di Cremona, non aveva, tuttavia, assicurato il rispetto delle procedure di garanzia previste dalla disciplina di settore in materia di controlli a distanza e aveva peraltro utilizzato le immagini di videosorveglianza per adottare un provvedimento disciplinare nei confronti della lavoratrice.
In un primo momento, il Comune ha, infatti, affermato che la telecamera in questione sarebbe stata installata “al solo scopo di tutelare il patrimonio comunale e l’incolumità dei dipendenti” , mentre successivamente il Comune ha sostenuto la tesi per cui l’unica finalità di trattamento perseguita sarebbe stata, in realtà, di “pubblica sicurezza e […] accertamento dei reati”.
Ai sensi dell’art. 5, co. 2, lett. a), del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, i Comuni possono, infatti, installare telecamere di videosorveglianza sulla pubblica via per il perseguimento degli obiettivi di “prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria”, previa stipula di un patto per l’attuazione della sicurezza urbana con la Prefettura territorialmente competente.
Nel caso di specie, non potendo ontologicamente assolvere al compito di prevenire e contrastare gli specifici fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, cui fa riferimento la richiamata disciplina di settore, il Comune non ha comunque comprovato di aver stipulato con la Prefettura territorialmente un patto per l’attuazione della sicurezza urbana che espressamente prevedesse l’istallazione della telecamera in questione all’interno dell’atrio della sede del Comune per il perseguimento di finalità connesse alla sicurezza urbana.
L’Autorità ha, pertanto, sanzionato l’Amministrazione ingiungendo alla stessa di fornire a tutti gli interessati, quindi lavoratori e visitatori presso la sede comunale, un’idonea informativa sui dati personali trattati mediante l’utilizzo della telecamera in questione.
Il Comune non aveva infatti reso tutti gli elementi informativi previsti dal Regolamento europeo.
3. Conclusioni
Il provvedimento del Garante ribadisce espressamente che i sistemi di videosorveglianza sui luoghi di lavoro possono essere installati solo con modalità che tutelino la dignità e la privacy dei lavoratori.
Inoltre possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
Le informazioni raccolte sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro ma a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Questo provvedimento si inserisce in un filone ormai consolidato in materia di utilizzo di sistemi di videosorveglianza da parte di soggetti pubblici. Infatti, già nel “Provvedimento in materia di videosorveglianza” (provv. dell’8 aprile 2010) il Garante aveva chiarito che tali soggetti, “in qualità di titolari del trattamento […], possono trattare dati personali nel rispetto del principio di finalità, perseguendo scopi determinati, espliciti e legittimi […] per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali” così come anche ribadito nella sez. 3.2 delle “Linee guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video” del Comitato europeo per la protezione dei dati del 29 gennaio 2020.
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Fonte articolo: Altalex